Caio Giulio Cesare
Roma 101-44 a.C.
Generale e uomo politico romano. Appartenente all'antica aristocrazia, sia per parte della madre Aurelia, sia per parte del padre, C. Giulio Cesare, della gens Iulia, con la pretesa di discendere da Iulo, figlio di Enea, e, quindi, dalla stessa Venere, Cesare era anche legato al ceto plebeo, in quanto sua zia Giulia aveva sposato Mario.
Si sposò con donne di famiglie nobili: Cornelia, Pompea e Calpurnia, e dalla prima ebbe l'unica figlia, Giulia, andata sposa a Pompeo Magno.
Uomo colto e intelligente, fu un ottimo oratore ed un grande scrittore, come testimoniano la sua corrispondenza e soprattutto i suoi Commentari della guerra contro i Galli (De bello gallico) e della guerra civile (De bello civili).
Stratega straordinario, sia per la resistenza al combattimento, sia per l'abilità nell'arte militare, fu anche un uomo politico geniale che, affiancando la persuasione alla forza, seppe costringere i Romani ad accettare la sua dittatura.
Gli ostacoli sulla sua via furono due: il senato e Pompeo, e per fronteggiarli, si appoggiò al partito popolare. La plebe, infatti, scossa dalla propaganda di Cesare, e sedotta dalla magnificenza dei giochi da lui indetti nell'autunno del 65, lo aiutò a salire i gradini del cursus honorum (cariche politiche). Cesare fu questore nel 69, edile curule nel 65, pontefice massimo nel 63 e pretore nel 62 a.C..
La sua ascesa politica fu facilitata anche dal ricchissimo Crasso, di cui Cesare era diventato luogotenente. I suoi progetti subirono forse qualche danno, ma la sua popolarità continuò a crescere, così pure quando Catilina decise di rivoltarsi contro il potere costituito, Cesare ebbe l'accortezza di suggerire clemenza verso i congiurati processati, guadagnando così nuove simpatie alla sua causa.
Tuttavia, nel timore di diventare a sua volta sospetto, e nell'intento di ricostituire il suo patrimonio gravato da enormi debiti e, soprattutto, si fece nominare propretore nella Spagna Ulteriore avendò così la possibilità di esercitare un importante comando militare, cosa che avrebbe facilitato la strada al potere politico. In questo modo riuscì a dimostrare le sue buone doti di generale e di amministratore (61-60).
Ritornato dalla Spagna, propose a Crasso, suo finanziatore e creditore, ed a Pompeo, politicamente isolato, di costituire un'associazione a tre, di carattere privato e convalidata da un solenne giuramento di reciproca lealtà, che avesse come fine il predominio sullo Stato (luglio del 60).
Ebbe così origine il primo triumvirato, che assicurò l'elezione di Cesare al consolato per il 59 e che lo sostenne nell'ottenere l'approvazione di leggi democratiche, le quali gli procurarono il favore del popolo, dei cavalieri e la simpatia dei provinciali.
Uscito di carica, Cesare chiese il proconsolato della Gallia Cisalpina e dell'Illiria e l'ottenne per cinque anni, con l'aggiunta in seguito anche della Gallia Narbonese. La scelta della Gallia rientrava nei piani ambiziosi e lungimiranti di Cesare: poiché gli avrebbe offerto l'occasione di conquistare un paese ricco di risorse naturali e di presentarsi a Roma nella luce di un grande trionfo, per aver sottomesso il più vicino e più temuto dei nemici romani. La conquista della Gallia venne compiuta dal 58 al 51 a.C., e ne resta una dettagliatissima descrizione nei suoi Commentari (De bello gallico).
Spenti gli ultimi focolai di resistenza in Gallia, cesare si apprestò a tornare a Roma per l'attuazione del suo piano politico.
Portava con sé la forza economica e militare e la benevolenza del grande paese conquistato e trattato con oculata moderazione, un esercito di dieci legioni devoto e sperimentato, l'aureola di una vittoria senza pari.
Pompeo, dopo lunga esitazione, si era messo dalla parte della nobiltà senatoria e dei conservatori, e, nominato console unico (51) dal senato, si credette abbastanza forte per imporre al conquistatore delle Gallie di rientrare in Roma come semplice cittadino.
Fallito ogni accordo, il senato adottò un provvedimento di forza, e Cesare, accampato a Ravenna con una legione in attesa degli eventi, si trovò di fronte alla drammatica alternativa di cedere, rinunciando alla possibilità di attuare il suo piano politico, o di osare la grande avventura.
Ebbe l'ardire di osare, e nella notte del 10 gennaio del 49 varcò il Rubicone, pronunciando le famose parole: alea iacta est (il dado è tratto), violando apertamente la legge che proibiva l'ingresso armato dentro i confini dell'Italia, e marciò alla volta di Roma.
Si iniziava con questo atto la guerra civile, che sarebbe durata dal 49 al 45 e che ci è descritta nei Commentari (De bello civili).
Pompeo, colto di sorpresa, fuggì precipitosamente in Grecia, mentre Cesare occupava l'Italia (gennaio-febbraio 49), sconfiggeva l'esercito di Spagna fedele al suo rivale (agosto), occupava Marsiglia in rivolta (fine settembre).
Successivamente, cesare lo inseguì in Egitto, dove, dopo aver reso gli onori ai resti di Pompeo assassinato e aver sbaragliato l'esercito di Tolomeo, poté nominare Cleopatra unica regina d'Egitto e trascorrere con lei tre mesi sulle rive del Nilo. Quindi, tornò a Roma per riprendere la lotta contro i superstiti seguaci di Pompeo, che nel frattempo si erano raccolti e ben preparati.
Da allora cominciò a detenere il potere come sovrano assoluto, ma con l'accortezza di esercitarlo nell'ambito dell'ordinamento repubblicano, e non ancora imperiale.
Non si attribuì alcun titolo nuovo, facendosi concedere soltanto i poteri che, normalmente, erano divisi tra parecchi magistrati. Già capo della religione in qualità di pontefice massimo fin dal 63, egli divenne di fatto capo dello Stato trasformando la dittatura in una magistratura annua, prima per la durata di dieci anni (46) e poi a vita (44).